Metamorph - 9. Mostra internazionale di architettura / La Biennale di Venezia
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Metamorph - 9. Mostra internazionale di architettura / La Biennale di Venezia
FORSTER K. W. (CUR.); BALTZER N. (CUR.)
Marsilio : La Biennale di Venezia, - 2004
787 pagine totali
COFANETTO NON DIVISIBILE COMPOSTO DA 3 VOLUMI (vedi le altre foto allegate)
TRAJCECTORIES
VECTORS
FOCUS
ISBN883178532X, 9788831785327
“METAMORPH” è il tema ispiratore scelto dal direttore, il celebre architetto Kurt W. Forster. Metamorfosi che, quasi come il noto lavoro di Escher con lo stesso titolo, presentano edifici mutanti in pesci. Ma anche curve d’acciaio duttili come membrane viventi piegate e incurvate e iper-progetti in evoluzione.
Forse per una deformazione professionale, dovuta al mio lavoro ormai più che ventennale di Computer art, amo profondamente l’arte contemporanea e penso che, per chi vive oggi, sia importante conoscerla per poter capire come si stia evolvendo il pensiero e la creatività umana.
L’arte in genere nell’ultimo secolo ha subito una profonda trasformazione. Il mondo è cambiato in maniera significativa e l’arte qualche volta ha intuito e preannunciato questi cambiamenti e qualche volta li ha seguiti. Negli ultimi trenta anni, poi, ha preso un’accelerazione vertiginosa. Tutta l’arte e naturalmente anche l’architettura. I fattori principali, per l’architettura, sono stati le forze culturali, i diversi materiali che hanno permesso la concretizzazione di idee anche molto particolari e l’uso del computer che, tra l’altro, ha reso possibile il vedere sullo schermo video l’idea realizzata e il poterla modificare. Non dimenticando mai che il computer è una macchina che ha bisogno di essere adoperata con intelligenza, ed è quindi sempre e solo l’uomo che decide il percorso di creazione e costruzione da seguire.
I due luoghi più significativi della Biennale sono il Padiglione Italia, ai Giardini e le Corderie dell’Arsenale, che presentano la mostra in due tempi e in due ritmi diversi. Infatti per capire l’architettura contemporanea è necessario andare a vedere le opere esposte in entrambi gli spazi dove si trovano progetti addirittura emozionanti perché fanno capire l’evoluzione che abbiamo vissuto e quella in atto.
Ai Giardini, oltre al Padiglione Italia, si trovano altri padiglioni molto interessanti per diversi motivi e per diversi aspetti. Ad esempio quello della Germania, perché attraverso una gigantografia che si snoda attraverso tutto il Padiglione, mostra nuove costruzioni inserite in un contesto urbano già realizzato da tempo. Ma anche quello della Danimarca perché ci riporta indietro, con un ricordo affettuoso, agli antichi anni ’60. Ma per risvolti diversi, interessante quello degli Stati Uniti che, ancora una volta mette l’accento su quanto è accaduto l’11 settembre 2001 e quello del Giappone che propone un mondo da cercare di comprendere, anche se lontano dal nostro sentire. Tornando al Padiglione Italia, certamente il migliore ai Giardini, è una sorta di teatro delle esperienze, per cui, attraversandolo, è possibile percorrere installazioni che sono un po’ la storia dell’architettura contemporanea. Architettura vista attraverso specifici esempi di come i vari cambiamenti vissuti nelle varie epoche, hanno portato alle recenti trasformazioni. Alla conclusione della visita si assapora un particolare sentore del nostro futuro sociale e tecnologico.
Mentre nell’immenso vano delle Corderie si percorre, con grande piacere e rinnovata attesa passo dopo passo, la storia recente. Si possono perciò incontrare opere che hanno letteralmente trasformato il panorama disciplinare dell’architettura a partire dagli anni Settanta, da quelle di Peter Eisenman (con i suoi automatismi terrestri), Frank O. Gehry (con gli edifici che si trasformano in pesci), Aldo Rossi (l’architettura come memoria) e James Stirling (il collage costruttivista), fino alle ultime tendenze e realizzazioni. E’ quindi possibile cercare e scoprire l’offerta di una prospettiva storica che parla dei mezzi attraverso i quali l’architettura ha modificato i processi della propria invenzione ed esecuzione, acquistando così la maestria di creare in circostanze assolutamente nuove.
Infine, pur nella mia visione di artista di arte visiva e non da architetto, vorrei fare una riflessione su quello che questa Biennale mi suggerisce, sul momento che stiamo vivendo. Una visione dettata, come ho già detto, da una deformazione professionale che mi porta a riflettere continuamente sull’orientamento dell’arte in genere e sull’epoca che stiamo attraversando.
Infatti un pensiero che mi sta accompagnando da qualche tempo, mi spinge alla convinzione che noi siamo già entrati nell’era del sogno, del gioco. Sono convinta che oggi, il bisogno primario dell’uomo non sia più la sopravvivenza come ai tempi del periodo industriale, né l’efficienza come ai nostri tempi informatici, ma piuttosto la ricerca di sogni accomunanti e ispiratori. Ce lo indicano anche gli innumerevoli messaggi con i telefonini o con le mail che viaggiano attraverso l’etere. Oppure il pensiero che i giovani di oggi sono cresciuti con i videogiochi, e si sono avvicinati all’informatica come se fosse un gioco. Ma anche il rapporto facile, che tutti noi abbiamo con persone sconosciute, attraverso Internet.
Sono convinta che l’era informatica abbia concluso il suo corso iniziale, nel senso che è stata totalmente assorbita (del resto questa Biennale ce lo dimostra chiaramente) ed oggi è senza grandi incognite, per cui (sulla base di quello che abbiamo acquisito) sta lasciando spazio all’era dei sogni, dei giochi. Secondo me, ripeto, anche l’architettura riflette tutto questo, si è liberata dall’obbligo degli antichi materiali e spinge la propria creatività verso punti impensati prima. I suoi progetti sono innovativi, ma soprattutto liberi, dettati da un uso consapevole e senza incognite del computer. E anche l’uomo architetto dimostra di poter realizzare i suoi sogni. Sogni che, poi, più o meno inconsapevolmente sono di tutti. Quindi, i progetti hanno subito una metamorfosi dovuta all’uso di materiali nuovi, duttili e anche all’uso del computer che ha dato il piacere di lavorare con una estrema libertà.
A confronto, ricordiamo un precursore, il Gaudì, il suo lavoro rigoroso e preciso eppure pieno di fantasia, quasi giocoso. Un architetto/artista che ha creato, disegnato, realizzato con molta pazienza e con molto intuito, costruendo prototipi bellissimi, ma faticosi da realizzare, per intravedere l’opera finita. Oggi, la creatività, la fantasia non è più legata a materiali vincolanti e l’opera ideata è costruita su computer dall’architetto che, con grandissima competenza, attraverso l’aiuto di programmi particolari visualizza i suoi pensieri innovatori.
Alla fine della visita, con molta gioia, ho avuto la sensazione di aver dato uno sguardo, non nel futuro, ma in un presente pieno di promesse. Infatti i progetti danno la sensazione che il mondo stia progredendo, e anche velocemente, nonostante i fermi inevitabili delle guerre.
peso di spedizione oltre i 2 Kg.
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